Genere

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7 marzo - A Dark Place

#hatespeech – Giornaliste nel mirino: 7 marzo 2023

Benvenuto di Teresa Ribeiro, Rappresentante OSCE per la Libertà dei mezzi di informazione

Signore e Signori, vi do un caloroso benvenuto a questa proiezione cinematografica e vi auguro una buona serata da Vienna!

Apprezzo molto l’opportunità di partecipare a questo evento in occasione della Giornata Internazionale della Donna e sono lieta di presentarvi il nostro documentario ‘A Dark Place’ sulla violenza online nei confronti delle giornaliste. Il film è stato presentato in anteprima a dicembre 2018 a Vienna ed è un’iniziativa del mio ufficio insieme all’International Press Institute ed è parte del nostro progetto volto a rafforzare la sicurezza delle giornaliste online (Safety of Female Journalists Online, SOFJO).

Innanzitutto, vorrei ringraziare gli organizzatori dell’evento: Lugano Film Festival, Fondazione Diritti Umani, Amnesty International e Syndicom, per aver organizzato la proiezione del film documentario e per aver incluso una tavola rotonda con esperti che lavorano specificamente sulla sicurezza delle giornaliste.

Nonostante l’aumento della consapevolezza e degli sforzi da parte della società civile, dei media, dei governi e della comunità internazionale, la sicurezza dei giornalisti rimane pertinente – e dobbiamo continuare e persino aumentare i nostri sforzi. Certamente (il tema) rimane in cima alla mia agenda.

La libertà dei media può esistere solo quando i giornalisti – tutti i giornalisti, a prescindere dal loro sesso o da altre identità – sono al sicuro per svolgere il loro lavoro, per indagare, per riferire, per fare luce su questioni che vengono intenzionalmente tenute all’oscuro e per chiedere conto a chi detiene il potere.

Nel mondo digitale di oggi, le donne giornaliste corrono un rischio particolare: essere attaccate come giornaliste e come donne. Il nostro documentario ‘A Dark Place’ mette in evidenza l’impatto che tali attacchi online, molestie e disinformazione hanno sulla singola donna presa di mira. Come questi attacchi impediscono la sua capacità di lavorare, di esprimersi liberamente e di impegnarsi online. Mostra anche come questi attacchi vadano oltre il livello individuale, come minino i progressi verso l’uguaglianza di genere, come ostacolino il giornalismo pluralistico e l’impatto che hanno su ciò che i giornalisti riportano, su chi può parlare, su quali prospettive vengono riportate e così via. In breve, come gli attacchi online basati sul genere hanno un impatto sulla pluralità: la diversità delle voci, delle storie e delle informazioni.

Quello che volevamo evidenziare nel documentario ‘A Dark Place’ è che l’abuso online crea un luogo buio per le persone prese di mira e colpite, ma lascia anche noi come società al buio, in quanto restringe il panorama dell’informazione e dei media.

Uno studio globale condotto dall’UNESCO e dall’International Center for Journalists ha confermato che quasi tre quarti delle giornaliste subiscono abusi online – e il 20% ha riferito di essere stata presa di mira con attacchi offline collegati a una precedente violenza online. Questo è allarmante. Dobbiamo agire.
Dobbiamo basarci su ciò che è stato identificato come possibile soluzione.

Nell’ambito del nostro progetto Sicurezza delle giornaliste, stiamo attualmente sviluppando le Linee guida per il monitoraggio della violenza online contro le giornaliste, fornendo un sistema di monitoraggio e di segnalazione più sistematico, con un approccio sensibile e rispondente alle esigenze di genere. Questo nuovo strumento aiuterà a rilevare, prevedere e, in ultima analisi, a prevenire l’escalation della violenza online contro le giornaliste, in situazioni ancora più gravi sia online che offline.

Spero che il nostro documentario ‘A Dark Place’ e le discussioni di questa sera contribuiscano ad aumentare la consapevolezza e l’urgenza del nostro lavoro per rafforzare la sicurezza digitale delle giornaliste, nell’interesse di un maggiore pluralismo e della libertà dei media per tutti.

Vi auguro una serata cinematografica interessante e stimolante!

7 marzo - A Dark Place 2

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Giornata internazionale contro la violenza sulle donne 2022

25 novembre - Insieme contro la violenza sulle donne

“Non ci siamo tutte, manca una di noi”

Lugano, 18 novembre 2022 – In Svizzera si stima che il 40% delle donne (circa due donne su 5) subisce o ha subito violenza fisica o psicologica nel corso della sua vita. In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne 2022, Amnesty International con il proprio gruppo DAISI – Donne Amnesty International della Svizzera Italiana – e Fondazione Diritti Umani Lugano tornano ad agire insieme e ad essere presenti sul territorio con la campagna “Non ci siamo tutte, manca una di noi”.

La sensibilizzazione viaggia con la popolazione

A partire da lunedì 21 novembre la campagna di sensibilizzazione “Non ci siamo tutte, manca una di noi” sarà presente a bordo di mezzi di trasporto pubblici in diverse regioni del Cantone: Trasporti Pubblici Luganesi, Ferrovie Autolinee Regionali Ticinesi FART, Autopostale Bellinzona e dintorni e Autolinee Mendrisiensi.

La campagna “Non ci siamo tutte, manca una di noi” vuole ricordare simbolicamente la donna che quel giorno non può essere presente e muoversi liberamente sul territorio per svolgere le attività del quotidiano perché relegata in casa in seguito a una violenza fisica e/o psicologica o perché ospedalizzata o addirittura uccisa durante un episodio di violenza.

Una campagna internazionale

I cartelli informativi (vedi fotografia allegata) riprendono il colore arancione della campagna di sensibilizzazione delle Nazioni Unite, “16 giorni di attivismo contro la violenza sulle donne”. Il periodo dal 25 novembre al 10 dicembre è stato scelto dall’ONU per creare un legame simbolico tra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne (25 novembre) a quella dei Diritti umani (10 dicembre), e creare presa di coscienza tra la popolazione.

La campagna per i 16 giorni di attivismo contro la violenza sulle donne di Amnesty International e Fondazione Diritti Umani Lugano si concluderà proprio in occasione della Giornata internazionale dei Diritti Umani, con il convegno sui Diritti Fondamentali che si terrà il 10 dicembre 2022 all’Auditorium USI a partire dalle 9.00. (seguirà comunicazione).

Con l’azione “Non ci siamo tutte, manca una di noi” Amnesty International Svizzera, il suo gruppo DAISI e Fondazione Diritti Umani Lugano, vogliono sensibilizzare il maggior numero di persone al tema della violenza domestica portando i contatti utili direttamente tra le persone in viaggio attraverso il Ticino.

Numeri utili

Sui manifesti affissi in bus e autopostali è infatti ben visibile un codice QR che permette di visualizzare una pagina web che raccoglie i principali numeri utili della Svizzera Italiana ai quali rivolgersi per ottenere aiuto in caso di violenza domestica. Questi contatti figurano anche per esteso sul verso del manifesto, così da poter essere facilmente e discretamente fotografati da chiunque possa ritenere utile avere sempre a portata di mano queste informazioni, per condividerle con un’amica potenzialmente a rischio o semplicemente per avere la sicurezza di sapere chi chiamare in caso di necessità.

“Le 717 infrazioni in ambito domestico registrate dalla Polizia cantonale nel 2021 non lasciano spazio ai dubbi: la violenza domestica, che nella maggior parte dei casi colpisce le donne, è una realtà anche in Ticino,” afferma Gabriela Giuria, responsabile Fondazione Diritti Umani Lugano e attivista DAISI, “Sappiamo che per le vittime chiedere aiuto può essere estremamente difficile, dal profilo pratico e psicologico. Se la campagna “Non ci siamo tutte, manca una di noi” farà si che una donna in difficoltà chieda sostegno avremo raggiunto il nostro obiettivo.”

La violenza sulle donne ha mille volti. Impara a riconoscerli!

Violenza fisica: non si parla solo di gravi percosse ma anche di strattoni, sberle e negazione della libertà.

Violenza sessuale: qualsiasi atto sessuale che avviene senza il tuo consenso esplicito, anche da parte del tuo partner, è una forma di violenza! Il tuo corpo è solo tuo e nessuno ha il diritto di violarlo!

Violenza psicologica: insulti, denigrazione, coercizione, ma anche più semplicemente venir sminuite e attaccate sulle proprie insicurezze come l’aspetto fisico, l’intelletto o la simpatia. Dover chiedere al partner il permesso di uscire con le amiche è una forma di violenza!

Violenza economica: qualsiasi comportamento che arreca un danno economico alla persona, come non poter esercitare una professione, avere un accesso ristretto alle risorse finanziarie della coppia o non ricevere i dovuti alimenti in caso di separazione.

La violenza sulle donne è una sconfitta per tutti!

La violenza contro le donne è una violenza contro la società intera. È un problema che riguarda tutti:  oggi ne è vittima la tua vicina, domani potrebbe toccare a tua figlia. Bisogna sviluppare una cultura di prevenzione e sensibilizzazione, e insegnare alle nuove generazioni l’importanza del rispetto e dell’ingiustizia del sistema patriarcale che permette tutt’oggi tali atrocità. Soltanto unendoci potremo sradicare la violenza sistematica contro le donne!

È parlandone che ti puoi salvare!

Solo 1 donna su 5 riporta i casi di violenza subiti. Spesso abbiamo paura che denunciando i fatti, diventiamo ancora più vulnerabili alla violenza. Ma è solo informando i nostri cari, le nostre amiche e chiedendo aiuto alle associazioni ed enti specializzati che potremo metterci in salvo!


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20.03.2022 - Di sabbia e di vento

20.03.2022 – Di sabbia e di vento

Spettacolo teatrale

domenica
20/03/2022

ore

18:00

luogo

Teatro Foce, Lugano

DISCRIMINAZIONE DI GENERE E DISPARITÀ TRA I SESSI. Due modi diversi per provare a definire quello che da sempre è davanti agli occhi di tutti. Da Giovanna d’Arco, passando per Camille Claudel, per arrivare fino ai giorni nostri; nel progredito XXI secolo dove il desiderio di maternità può costare ad una donna la perdita del posto di lavoro. Ma anche, e sopratutto, la storia di tre donne che lottano, a distanza di secoli, per la propria autostima. La storia di tre donne che vogliono considerarsi, e che sono, “unlimited”, senza limiti!

Drammaturgia Marco Filatori
Regia Luca Ligato
Con Alessandro Baito e Laura Negretti
Scene e Piano Luci Armando Vairo
Direttore Tecnico Donato Rella
Produzione Teatro in Mostra

Età: dai 14 anni.
Durata: 70 minuti.
Prezzo: 10.- fr. (5 fr. studenti e AVS). Biglietti in prevendita su biglietteria.ch.


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10 e 16 marzo 2022 – Proiezione del film INDIANARA

10 e 16 marzo 2022 – Proiezione del film INDIANARA

Iniziative, manifestazioni, eventi per favorire un dialogo sul tema del genere.

Documentario

Un film di Aude Chevalier-Beaumer e Marcelo Barbosa, Brasile, Durata: 84 minuti
Versione: in brasiliano con sottotitoli in italiano e in inglese.

Indianara, rivoluzionaria bigger-than-life, conduce con il suo gruppo la lotta per la sopravvivenza delle persone transgender in Brasile.
Realizzato durante la tumultuosa presidenza di Michel Temer, nel periodo in cui Marielle Franco venne uccisa a sangue freddo, Indianara offre il ritratto di una donna incredibile, una specie di Gena Rowlands incapace di accettare un «no» come risposta e in grado di prendersi cura dell’umanità e della decenza per tutti. Un ritratto della condizione sociale di una comunità emarginata dalla società, che lotta contro l’intolleranza sullo sfondo del Brasile attuale.

giovedì 10/03/2022 ore 20:30 Multisala Teatro/Mignon/Ciak, Mendrisio
mercoledì 16/03/2022 ore 20:40 Cinema Otello, Ascona

Dopo la proiezione del film, segue un dialogo tra Gabriela Giuria, responsabile sviluppo progetti Fondazione Diritti Umani, e l’attivista queer Chiara Spata, ricercatrice indipendente di studi di genere.

Prezzo biglietto: per tutti CHF 12.-
Età consigliata: da 12 anni


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Il primo Rapporto della società civile sull’applicazione della Convenzione di Istanbul è ora disponibile in italiano​ 1

Il primo Rapporto della società civile sull’applicazione della Convenzione di Istanbul è ora disponibile in italiano​

Lotta contro la violenza di genere in Svizzera

Il primo Rapporto della società civile sull’applicazione della Convenzione di Istanbul è ora disponibile in italiano

Il primo Rapporto della società civile sull’applicazione della Convenzione di Istanbul è ora disponibile in italiano

Lugano, 10 dicembre 2021

In occasione della Giornata internazionale dei Diritti Umani (10 dicembre) e per segnare la fine della campagna ONU 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere partita il 25 novembre (Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne), Fondazione Diritti Umani e Amnesty International pubblicano la traduzione in italiano del Rapporto della società civile sull’applicazione della Convenzione di Istanbul in Svizzera. Il Rapporto curato dalla Rete Convenzione di Istanbul, presentato il 5 luglio 2021 (comunicato stampa in francese), raccoglie le principali critiche e richieste delle organizzazioni della società civile che, nel nostro paese, sono impegnate sul campo evidenziando la necessità di agire.

La Convenzione di Istanbul (CI), Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, è entrata in vigore in Svizzera il 1 aprile 2018. Come Stato firmatario la Svizzera riconosce che i rapporti di forza ineguali tra i generi sono una delle cause principali della violenza contro le donne e che i rapporti gerarchici tra i generi sono mantenuti da questa violenza. La Svizzera ha pubblicato il proprio primo rapporto ufficiale sull’applicazione della CI, il 18.6.2021. La società civile ha pubblicato il proprio rapporto ombra il 5 luglio 2021: da oggi questo è disponibile anche in italiano (link online).

La ratifica della CI ha permesso la creazione di una importante rete di scambio e collaborazione tra le organizzazioni non governative (ONG) e i servizi della società civile che si occupano di lotta contro la violenza. La Rete Convenzione di Istanbul conta poco meno di cento servizi e ONG attivi nei settori della violenza, dell’uguaglianza di genere, LGBTQIA+, della disabilità, della terza età, dell’infanzia, della migrazione/ asilo e dei diritti umani. Tra queste anche Amnesty International Svizzera e Fondazione Diritti Umani, quale unica organizzazione con sede principale in Ticino.

La protezione delle vittime sacrificata in nome dei tagli finanziari

Le organizzazioni e i servizi parte della Rete Convenzione di Istanbul chiedono un’applicazione inclusiva e non discriminatoria della CI, in rispetto degli obblighi sanciti dall’articolo 4 della stessa. Nel proprio rapporto ombra la Rete denuncia come la Svizzera risparmi sulla protezione dalla violenza a scapito di determinati gruppi di vittime. Questi tagli, oltre ad essere chiaramente discriminatori, mettono in pericolo delle vite.

Ampliare le definizioni di violenza

La Rete Convenzione Istanbul ritiene troppo limitante la definizione di “violenza domestica” e chiede l’ampliamento alla dimensione dell’“ambiente sociale immediato”. Questo permetterebbe considerare anche le persone che vivono situazioni di vita collettiva e assistita (come nell’ambito dell’asilo, della disabilità, della malattia, della terza età e dell’esecuzione delle pene). Per queste realtà la definizione di “violenza domestica” è insufficiente. Si evidenzia anche la mancata considerazione da parte della Convenzione della violenza digitale di genere, una forma di attacchi sempre più diffusa e pervasiva che va a colpire le vittime nello spazio privato, dove dovrebbero sentirsi più protette e al riparo da aggressioni.

La Rete auspica anche l’introduzione del termine “violenza sessualizzata” a coprire tutti gli atti non consensuali di natura sessuale: atti fisici, psicologici, verbali e sociali, che vanno dal contatto indesiderato allo stupro, dai commenti osceni al sexting.

Svizzera: diversi rapporti a confronto

L’attuazione della Convenzione da parte degli Stati firmatari è accompagnata dal monitoraggio del gruppo di esperti indipendenti GREVIO (Gruppo di esperti sulla lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica). Il punto di partenza di questo monitoraggio è il primo rapporto ufficiale della Svizzera, pubblicato dal Consiglio federale il 18.6.2021.

Il secondo elemento centrale è un “rapporto alternativo” della società civile, pubblicato in italiano da Fondazione Diritti Umani in collaborazione con Amnesty International in occasione della Giornata internazionale dei Diritti Umani. In Svizzera, questo documento è il frutto del lavoro della Rete Convenzione di Istanbul, che riunisce circa 100 ONG, servizi specializzati e altri attori della società civile. Questo rapporto ombra riunisce un rapporto principale congiunto e dei rapporti approfonditi delle singole entità. Con questa struttura è possibile raggruppare le richieste principali e presentare aspettative specifiche in modo differenziato.

Chi desidera riservare la versione cartacea del rapporto alternativo in italiano, la cui pubblicazione è prevista per inizio 2022, può scrivere a: info@fondazionedirittiumani.ch, indicando il numero di copie, al costo di 15.- franchi l’una.

Per informazioni e interviste:
Gabriela Giuria
Fondazione Diritti Umani, 079 444 42 81

La versione digitale del documento è disponibile qui:


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Campagna contro la violenza sulle donne

Giornata internazionale contro la violenza sulle donne 2021

In Svizzera si stima che il 40% delle donne subisce o ha subito violenza fisica o psicologica nel corso della sua vita. In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne 2021, Amnesty International, il gruppo DAISI (Donne Amnesty International della Svizzera Italiana) e Fondazione Diritti Umani Lugano, in collaborazione con Zonta Club Locarno, lanciano un’azione di sensibilizzazione rivolta a tutta la popolazione.

In occasione del 25 novembre a dare visibilità all’azione “Non ci siamo tutte, manca…” contribuiranno in particolare l’Associazione Commercianti ed Artigiani di Minusio (ACAM), gli spazi de LaFilanda a Mendrisio e le corse del Trenino Turistico di Lugano. La lista dei commerci coinvolti nell’azione è disponibile qui.

Campagna internazionale

L’azione si inserisce nella campagna internazionale promossa dalle Nazioni Unite, i 16 giorni di attivismo contro la violenza sulle donne. Il periodo tra il 25 novembre e il 10 dicembre è stato scelto per creare un fil rouge tra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne e quella dedicata ai Diritti Umani (10 dicembre): grazie all’importante mobilitazione e al coinvolgimento dell’opinione pubblica si vuole provocare una presa di coscienza collettiva e un’azione concreta per affrontare questo problema endemico. Dal 1991 il colore arancione – simbolo di un futuro luminoso, senza violenza sulle donne – caratterizza le attività di questi 16 giorni di attivismo. 

“Non ci siamo tutte, manca….”

I commerci che sostengono l’azione espongono nella vetrina del proprio negozio un manifesto sul quale figura il volto anonimo di una donna, accompagnato dallo slogan “Non ci siamo tutte, manca… manca mia mamma / la mia amica / mia sorella / la mia vicina / la mia collega” (immagine: vedi intestazione comunicato). Il manifesto è declinato in 5 versioni per ricordare simbolicamente la cliente che quel giorno non può esserci, perché relegata in casa a causa di una violenza fisica e/o psicologica o perché ospedalizzata o addirittura uccisa durante un episodio di violenza.

Sul manifesto figura un QRcode dal quale poter scaricare diverse informazioni, in particolare i contatti utili per le vittime di violenza. Le stesse informazioni saranno disponibili anche sotto forma di segnalibro che i commercianti potranno mettere discretamente a disposizione della clientela.

Per dare visibilità al tema le organizzazioni chiedono anche un piccolo e semplice gesto alle cittadine e ai cittadini che possono postare sui propri profili social immagini o selfies scattati accanto al manifesto, indicando il nome del negozio, la città in cui si trovano e gli hashtag #25NoV e #NonCiSiamoTutte.

Violenza contro le donne in Svizzera e in Ticino

Nel 2021 in Svizzera sono 25 le vittime di femminicidio (dato all’8 novembre 2021, fonte Stop Femizid). Una cifra che potrebbe essere molto più alta poiché ben 9 donne sono sopravvissute a un tentativo di femminicidio.

Nel 2020 nel nostro paese 28 persone sono decedute per le conseguenze di una violenza domestica: 11 vittime erano donne morte a seguito di violenza perpetrata dal partner attuale o di un ex, 9 vittime erano bambini uccisi da uno dei due genitori (dati Ufficio federale di Statistica).[1]

Secondo i dati della Polizia cantonale, nel 2020 in Ticino gli interventi degli agenti per episodi di violenza domestica hanno conosciuto un leggero aumento, passando dai 1.042 casi del 2019 ai 1.103 del 2020.[2] Nel 2020 in Ticino si è registrato un femminicidio. Nel 2021 Stop Femizid recensisce 2 femminicidi (Breganzona e Bellinzona) e un tentativo (Solduno).

[1] https://www.bfs.admin.ch/bfs/fr/home/statistiques/criminalite-droit-penal/police/violencedomestique.assetdetail.16484105.html

[1] https://www.cdt.ch/ticino/politica/violenza-domestica-piu-segnalazioni-alla-poliziaLJ3865782

Contatti

Gabriela Giuria, Fondazione Diritti Umani, 079 444 42 81

Sarah Rusconi, Amnesty International, 079 689 54 13


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Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sessuale nei conflitti armati

Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sessuale nei conflitti armati

Il 19 giugno si celebra la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sessuale nei conflitti armati, voluta dalle Nazioni Unite per combattere questo crimine brutale, che colpisce principalmente donne e ragazze, ma che viene perpetrato anche contro uomini e ragazzi. Nel suo ultimo rapporto su questo dramma, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha ricordato l’importanza della Risoluzione 1325 (2000), la prima risoluzione in assoluto che menziona esplicitamente l’impatto della guerra sulle donne ed il contributo delle stesse nella risoluzione dei conflitti per una pace durevole.

La pandemia, purtroppo, ha messo in evidenza l’insufficienza dei progressi raggiunti, spesso a fatica, in questo campo e ha amplificato la disuguaglianza di genere, che spesso è una delle cause alla radice della violenza sessuale nei conflitti armati, ma anche in tempo di pace. Come ha rimarcato Guterres, quanto accaduto in Etiopia, durante il conflitto nel Tigray, testimonia come la violenza sessuale sia ancora utilizzata come “una tattica di guerra e tortura” in quei contesti in cui si sovrappongono crisi umanitaria e di sicurezza.

Sebbene molti sforzi in questo senso siano stati fatti, come la creazione di un apposito ufficio del Segretariato Generale delle Nazioni Unite per la violenza sessuale associata a situazioni di conflitto e di un network di agenzie internazionali impegnate su programmi paese specifici, il fenomeno continua di fatto ad essere sottostimato, complice anche il senso di vergogna che impedisce alle vittime e ai sopravvissuti di denunciare quello che hanno subito, rendendo di conseguenza molto difficile la raccolta dei dati per ogni teatro di conflitto.

A livello internazionale sempre più si sta rafforzando un movimento di opinione, nato dalla società civile, per contrastare in tutti i modi possibili questo crimine e per sostenere le vittime da esso causate.

Fonte: https://www.adnkronos.com/giornata-internazionale-per-leliminazione-della-violenza-sessuale-nei-conflitti-armati_6UFxzclzME3JgWHeoSX5ad?refresh_ce

https://unipd-centrodirittiumani.it/it/news/Nazioni-Unite-Giornata-internazionale-contro-la-violenza-sessuale-nei-conflitti-armati/5217


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Crescono negli Usa i crimini d’odio contro gli asiatici: donne nel mirino 1

Crescono negli Usa i crimini d’odio contro gli asiatici: donne nel mirino

Sei uccise ad Atlanta. 3.800 attacchi nel 2020: cause, Covid e razzismo

– L’uccisione di almeno sei donne asiatiche – tra le otto vittime complessive – nelle sparatorie avvenute in diverse sale per massaggi alla periferia di Atlanta, nello stato americano della Georgia, è soltanto l’ultima manifestazione di odio nei confronti della popolazione di origine asiatica negli Stati Uniti. Violenti attacchi, abusi, molestie e insulti contro asiatici-americani, infatti, si sono moltiplicati a dismisura dall’inizio della pandemia di Covid-19, e secondo attivisti ed esperti di sicurezza si tratterebbe per la maggior parte di crimini d’odio legati alla retorica che vede i cittadini asiatici all’origine della diffusione del coronavirus. Alcuni hanno direttamente incolpato la retorica anti-cinese dell’ex presidente Donald Trump, che ha spesso menzionato la pandemia come “virus cinese” o “influenza kung”.

Alla fine dell’anno scorso, le Nazioni Unite hanno pubblicato un rapporto che descriveva “un livello allarmante” di violenza di matrice razzista e altri episodi di odio contro gli asiatici americani, anche se è difficile determinare i numeri esatti di tali crimini e casi di discriminazione, poiché nessuna organizzazione o agenzia governativa ha monitorato il problema a lungo termine e gli standard di segnalazione possono variare da regione a regione.

Secondo una ricerca pubblicata ieri dal forum “Stop AAPI Hate”, sono stati segnalati quasi 3.800 incidenti in circa un anno, dall’inizio della pandemia. E’ un bilancio significativamente più alto rispetto a quello dell’anno scorso, pari a circa 2.800 episodi di odio a livello nazionale. Le donne rimaste vittime di crimini d’odio rappresentano una quota molto più alta, il 68%, rispetto agli uomini, che sono il 29% del totale. Russell Jeung, professore di studi asiatici americani presso la San Francisco State University e fondatore del forum, ha dichiarato a NBC Asian America che la fusione di razzismo e sessismo, incluso lo stereotipo secondo cui le donne asiatiche sono mansuete e sottomesse, potrebbe essere un altro fattore determinante per questa disparità.

Fonte: https://www.askanews.it/esteri/2021/03/17/crescono-negli-usa-i-crimini-dodio-contro-gli-asiatici-donne-nel-mirino-top10_20210317_105809/


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Pari opportunità

Pari opportunità

Nonostante gli sforzi delle istituzioni e l’evoluzione della società, la parità nella vita professionale ed accademica è ancora lontana. Ci sono tuttavia enti e progetti volti a promuovere le pari opportunità e ad aiutare in caso di problemi.

Situazione in Svizzera

Art. 3 della Legge federale sulla parità dei sessi LPar

«Nei rapporti di lavoro, uomini e donne non devono essere pregiudicati né direttamente né indirettamente a causa del loro sesso, segnatamente con riferimento allo stato civile, alla situazione familiare o a una gravidanza.»

Nonostante la LPar sia entrata in vigore nel 1996, la strada verso la parità nel mondo del lavoro è ancora lunga. Ecco le cifre più recenti secondo l’UFU e l’USTAT (dati del 2016):

  • Sei donne su dieci attive professionalmente lavorano a tempo parziale, mentre lo stesso vale solo per due uomini su dieci.
  • Lo scarto salariale è ancora abbastanza importante: nel settore privato una donna guadagna in media il 19,6% in meno rispetto ad un collega uomo, mentre nel settore pubblico lo scarto è del 16,7%.
  • C’è una forte sottorappresentazione delle donne tra i quadri: solo il 3% della direzione e il 4% del consiglio di amministrazione delle imprese svizzere quotate in borsa è composto da donne.
  • La divisione per settore al momento della scelta degli studi universitari è ancora abbastanza marcata (ad es. il 69,4% delle persone che studiano scienze tecniche sono di sesso maschile, mentre nelle scienze sociali e umane sono solo il 29,4%).

Pari opportunità nella vita accademica

La maggior parte delle scuole universitarie svizzere offre servizi di consulenza specializzati in questioni legate alla parità. Mediante misure quali la «politica di genere», le scuole universitarie auspicano di attuare un sistema organizzativo equo e garantire le pari opportunità tra donne e uomini, sia tra studenti sia tra insegnanti.
I dati di contatto delle persone responsabili delle pari opportunità nelle scuole universitarie sono disponibili su gendercampus.ch.

Gran parte delle scuole universitarie pubblica sul proprio sito informazioni inerenti alle pari opportunità: ad esempio, i siti dell’USI (usi.ch) e della SUPSI (supsi.ch) contengono indirizzi, spiegazioni sulle misure adottate e altre informazioni utili. 

Discriminazione e molestie sessuali

Discriminazioni

Se ci si rende conto di stare subendo una discriminazione salariale o a livello professionale a causa del proprio genere, è possibile seguire questi passi:

  • informarsi: www.ebg.admin.ch offre informazioni sulla parità salariale;
  • cercare una soluzione parlandone con il proprio o la propria superiore oppure, se possibile, con la persona responsabile delle pari opportunità all’interno dell’azienda;
  • qualora non si dovesse trovare una soluzione, è possibile rivolgersi a specialisti: consultori, associazioni del personale, sindacati, uffici di conciliazione;
  • in casi gravi è anche possibile avviare una procedura giudiziaria: la procedura davanti a un tribunale cantonale è gratuita, ma non le prestazioni dello studio legale. Durante la procedura e nei sei mesi successivi è garantita la protezione contro il licenziamento pronunciato per ritorsione.

Molestie sessuali

Le molestie sessuali sono comportamenti indesiderati di carattere sessuale che ledono la dignità della persona. Possono provenire da singoli individui o da gruppi (mobbing). A compiere le molestie sessuali possono essere collaboratori e collaboratrici, datori e datrici, partner o clientela.

Esistono diversi tipi di molestia sessuale:

  • commenti sessisti e osservazioni allusive;
  • contatti fisici indesiderati, coazione sessuale o violenza carnale;
  • materiale pornografico nei luoghi di lavoro;
  • abuso di una posizione di potere (ad es. nei confronti di subordinati) per ottenere prestazioni sessuali in cambio di favori o con minacce;
  • persecuzione.

In caso di molestie sessuali, le procedure da seguire sono le stesse che in caso di discriminazioni. Per ulteriori informazioni sull’argomento e sui passi da prendere, si vedano i seguenti siti:

Link utili

In Svizzera ci sono diversi enti o progetti che promuovono la parità nel mondo del lavoro o che sono a disposizione per consulenze o in caso di problemi che possono verificarsi durante la scelta professionale o una volta entrati nel mondo del lavoro (discriminazioni, molestie, ecc.):

Fonte: https://www.orientamento.ch/dyn/show/124596


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Polonia, in vigore la legge che vieta l'aborto. Le donne tornano in piazza 1

Polonia, in vigore la legge che vieta l’aborto. Le donne tornano in piazza

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La promulgazione è stata decisa all’improvviso ma il movimento femminile non si arrende: manifestazioni in più di 20 città

Le donne polacche tornano in strada contro la legge che limita il diritto all’aborto. Grandi manifestazioni indette dal movimento Strajk Kobiet, (letteralmente, sciopero delle donne) si sono tenute in almeno venti città dopo che il governo ha annunciato pubblicazione e simultanea entrata in vigore con valore di legge della sentenza della Corte costituzionale che vieta  l´aborto, salvo in caso di incesto, stupro o pericolo per la vita della madre.

L’ondata di protesta è stata lanciata da Strajk Kobiet con appelli su Facebook e sugli altri social media. “Si annuncia una notte difficile”, ha affermato Klementyna Suchanow, una delle due leader del movimento insieme a Marta Lempart.

Il governo, mercoledì pomeriggio, aveva annunciato che la legge sarebbe entrata in vigore in serata praticamente in contemporanea con la sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale: una pubblicazione che era stata a lungo rinviata, facendo sperare in un compromesso. Ora si torna al confronto muro contro muro.

La sentenza della Corte suprema risale al 22 ottobre scorso: dichiarava anticostituzionale in quanto non conforme agli articoli della Legge fondamentale sulla protezione della vita del nascituro ogni tipo di aborto, eccetto le interruzioni di gravidanza chieste da donne vittima di incesto o stupro, o nel caso che si profili un pericolo per la vita della madre. Illegale anche l´interruzione di gravidanza nel caso di malformazioni gravi e letali del feto e di problemi sanitari tali da implicare l´inevitabile morte post parto del neonato.

Da allora Strajk Kobiet è nato ed è presto divenuto il più importante movimento di opposizione della società civile. “Se il governo ha scelto l’inferno per le donne, noi cucineremo un inferno per questo governo”, ha detto Suchanow invitando le donne a scendere nuovamente in piazza dopo le proteste di novembre.

In Polonia, prima della svolta decretata dalla Corte suprema, secondo dati ufficiali si sono avuti in media duemila aborti legali ogni anno, comprese quindi interruzioni di gravidanza decise per malformazioni letali del nascituro, ora proibite. Media indipendenti e ong calcolano d´altra parte in oltre 200mila gli aborti effettuati clandestinamente, o effettuando viaggi in uno dei Paesi vicini (Germania, Repubblica Ceca, Nord Europa) dove l’interruzione di gravidanza è permessa. Le restrizioni ai viaggi imposte dalla pandemia rendono tali viaggi difficilissimi o impossibili.

Confermando la linea dura, Jaroslaw Kaczynski, ex premier e leader del partito conservatore Diritto e Giustizia aveva colto pochi giorni fa l’occasione del suo discorso alla messa in memoria della  madre Jadwiga affermando che “la Polonia è sotto attacco del Demonio, oggi col movimento contro il diritto alla vita e gli attivisti Lgbt come nel 1939 con i nazisti e nel dopoguerra col comunismo”.

Fonte: https://www.repubblica.it/esteri/2021/01/27/news/legge_aborto_polonia_manifestazioni-284532662/


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