La presidente della Commissione lancia una sfida all’Europa
di Pierre Haski
Una delle principali debolezze dell’Europa è la sua incapacità di prendere decisioni rapide e forti sui temi esterni che la riguardano, e di far rispettare i valori che professa.
Il 16 settembre, nel suo primo discorso sullo “stato dell’Unione”, la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha affrontato l’argomento in modo risoluto, con un annuncio e una sfida lanciata agli stati.
L’annuncio risponde a una richiesta avanzata diversi anni fa durante un voto al parlamento europeo: l’adozione di una “legge Magnitskij” europea. Si tratta di una norma statunitense del 2012 che porta il nome di Sergej Magnitskij, un avvocato russo impegnato nella lotta contro la corruzione e morto in un carcere russo nel 2009. La legge ha permesso di sanzionare tutte le persone legate alla morte di Magnitskij e di evitarne l’impunità. Da allora la norma è stata ampliata e usata in diversi contesti, per esempio nei confronti dei funzionari sauditi coinvolti nella morte del giornalista Jamal Khashoggi.
Una svolta evidente
Una legge di questo tipo permetterebbe all’Europa di agire in un caso come quello dell’avvelenamento dell’oppositore russo Aleksej Navalnyj (vittima del Novichok, un prodotto sviluppato dallo stato russo) o di affrontare con decisione la repressione in Bielorussia. La presidente della Commissione ha inoltre fatto riferimento alla situazione di Hong Kong e alla sorte degli uiguri nell’ovest della Cina, lasciando intravedere sanzioni mirate contro il regime cinese.
Si tratta evidentemente di una svolta per l’Unione europea, ormai ridotta al silenzio in materia di difesa dei diritti umani. Ursula Von der Leyen ha deciso di lanciare una sfida ai 27: passare dall’unanimità a una maggioranza qualificata per le decisioni legate ai diritti umani o all’imposizione di sanzioni.
I 27 sono davvero pronti a compiere questo passo? È una domanda ragionevole, perché la principale debolezza dell’Unione è interna. Il 16 settembre Ursula Von der Leyen ha invitato l’Europa a cambiare orientamento quando si tratta del rispetto dei valori. Secondo la presidente l’Unione non può tollerare “zone senza lgbt” come quelle proclamate in alcune località polacche.
Nel contesto delle varie sfide che attendono l’Europa, dalla pandemia con le sue conseguenze economiche alla transizione ecologica e alla sovranità tecnologica, questo soffermarsi sui valori e la difesa dei diritti umani ha un grande significato simbolico. Resta da capire se l’Europa sarà capace di diventare una potenza completa e soprattutto di agire come tale.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Fonte: https://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2020/09/17/von-der-leyen-diritti-umani