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Il genocidio di un popolo dal nome impronunciabile

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Il genocidio di un popolo dal nome impronunciabile

Il genocidio di un popolo dal nome impronunciabile

Deportazioni nei campi di concentramento, sterilizzazioni forzate, matrimoni combinati.

Settembre 2019. Un video girato da un drone e postato su YouTube sconvolge l’opinione pubblica internazionale. La registrazione ritrae centinaia di uomini bendati, rasati, fatti inginocchiare in una stazione e costretti da gruppi armati di polizia a salire su dei treni. Le immagini sembrano provenire da un altro mondo o da un’altra epoca, invece sono state girate in Cina, nel ventunesimo secolo. Le persone inginocchiate sono uiguri, un’etnia turcofona di religione musulmana che vive nello Xinjiang, regione situata nell’ex Turkestan orientale, a nord-ovest del Paese. 

Perché quegli uomini sono bendati e rasati? Dove sono diretti i treni su cui vengono obbligati a salire? Quando, durante uno show televisivo della BBC, il conduttore pone queste domande all’ambasciatore cinese nel Regno Unito, Liu Xiaoming, quest’ultimo non risponde. “Non so da dove provenga questo video”, si limita a commentare, laconico. Ma una serie di inchieste, articoli di prestigiose testate e testimonianze dirette rivelano una verità agghiacciante. E’ in atto una persecuzione di massa, in Cina, e le vittime sono milioni di donne, uomini e bambini appartenenti ad un’etnia con un nome difficile da pronunciare (e quindi da ricordare) per chi vive in Europa. Le testimonianze dei sopravvissuti – quelle, però – una volta sentite non si dimenticano facilmente. «Chiunque ascolti un testimone, diventa testimone» ha affermato Kelley Currie, ambasciatrice generale per i diritti delle donne presso le Nazioni Unite durante un panel online organizzato da Campaign For Uyghurs.

Fonte: https://www.tio.ch/dal-mondo/attualita/1463303/campi-xinjiang-cina-cinese-uiguri-zumrat-interno-donne-genocidio-uigura

Per maggiori approfondimenti

Intervista Isa Dolkun
ll FFDUL è onorato di poter dare spazio alla voce e alla testimonianza di ISA DOLKUN, presidente del World Uyghur Congress (organizzazione che denuncia il genocidio in corso nello Xinjiang), presente per un incontro con il pubblico in occasione della proiezione, in prima svizzera, del film WE HAVE BOOTS di Evans Chan, che narra i primi movimenti di protesta ad Hong Kong.