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La Cina approva la legge sulla sicurezza nazionale. Stretta sulle libertà di Hong Kong

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La Cina approva la legge sulla sicurezza nazionale. Stretta sulle libertà di Hong Kong

La Cina approva la legge sulla sicurezza nazionale. Stretta sulle libertà di Hong Kong

La norma punisce gli atti di sovversione, secessione, terrorismo e collusione con le forze straniere compiuti nell’ex colonia britannica. L’attivista Joshua Wong lascia la leadership di Demosisto per il timore di essere uno dei “primi bersagli” di Pechino

di FILIPPO SANTELLI

PECHINO – La legge sulla sicurezza nazionale per Hong Kong è stata approvata. Secondo diversi media locali i 162 membri del comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo di Pechino, versione cinese del parlamento, hanno dato il via libera alla contestata norma questa mattina, all’unanimità. La legge, il cui testo dovrebbe essere reso noto nelle prossime ore, punisce gli atti di sovversione, secessione, terrorismo e collusione con le forze straniere compiuti nell’ex colonia britannica.

Una procedura lampo, a conferma della volontà di Pechino di riaffermare il proprio controllo su Hong Kong. 

Una prima conseguenza è stato l’annuncio, a poche ore dall’approvazione, dell’abbandono di Joshua Wong del suo ruolo di leader del gruppo Demosisto, motivato proprio con il timore di essere uno dei “primi bersagli” della nuova legge. Poi, su Twitter, Wong ha lanciato il suo messaggio: è “la fine della Hong Kong che il mondo conosceva. Con poteri spazzati via e una legge indefinita, la città diventerà uno Stato di polizia segreta”.

Fonte: https://www.repubblica.it/esteri/2020/06/30/news/hong_kong_la_cina_approva_la_legge_sulla_sicurezza_nazionale-260560316/


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Denunciati i giganti della tecnologia per sfruttamento minorile nelle miniere di cobalto in Congo

Denunciati i giganti della tecnologia per sfruttamento minorile nelle miniere di cobalto in Congo

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Apple, Dell, Microsoft e Tesla sono alcune aziende citate in causa per la morte di bambini nelle miniere di cobalto della Repubblica Democratica del Congo.

La ong per i diritti umani International rights advocates rappresenta quattordici famiglie congolesi in una causa storica alla corte distrettuale di Washington, negli Stati Uniti, contro le aziende di tecnologia più importanti del mondo. Le famiglie rappresentate sostengono che i loro bambini siano stati uccisi o menomati mentre lavoravano in miniera per estrarre una sostanza chimica molto costosa chiamata cobalto, utilizzata per alimentare smartphone, computer e batterie di auto elettriche. Sono state chiamate in causa aziende del calibro di Apple, Aphabet (l’azienda madre di Google), Dell, Microsoft e Tesla.

Lavoro minorile e morti di bambini nella causa contro i giganti tech

Nella causa la ong International rights advocates sostiene che “il processo di produzione sia volontariamente nascosto per permettere ai partecipanti di trarre beneficio economico dall’uso di cobalto estratto in condizioni estremamente pericolose da bambini disperati, obbligati a fare lavori molto pericolosi senza attrezzatura di sicurezza di alcun tipo”.

Una querelante (anonima) identificata come Jane Doe 1 afferma di essere la custode legale di suo nipote, James Doe 1, che ha iniziato a lavorare a quindici anni come “mulo umano”, trasportando sulla schiena sacchi da più di trenta chili di roccia contenente cobalto per 70-95 centesimi di dollari al giorno. James Doe 1 è morto mentre stava lavorando nel tunnel di una miniera. Mentre altri bambini avevano iniziato a correre perché spaventati da alcuni soldati che stavano entrando, James Doe 1 aveva iniziato a gattonare per cercare di uscire, ma il tunnel è collassato uccidendolo sul colpo.

Un altro bambino, identificato come John Doe 1, dice di avere iniziato al lavorare in miniera quando aveva nove anni. Nella causa si sostiene che nel 2019 lavorasse come  mulo umano per la Kamoto Copper Company, trasportando sacchi di pietre contenenti cobalto per 75 centesimi al giorno quando è caduto in un tunnel. John Doe 1 sostiene che dopo essere stato trascinato fuori da altri lavoratori, è stato lasciato da solo sul suolo dell’area di estrazione finché i suoi genitori non hanno saputo dell’incidente e sono venuti ad aiutarlo. John Doe 1 ora è paralizzato dal petto in giù e non camminerà mai più. Un altro querelante sostiene di aver lavorato in miniere di proprietà della Zhejiang Huayou Cobalt, una importante impresa cinese, che, sempre secondo il testo della causa, rifornisce AppleDell e Microsoft e altre compagnie menzionate nella causa.

Eliminare il lavoro minorile nelle miniere

Il governo della Rdc afferma di star cercando di fermare la presenza di bambini nelle miniere artigianali di cobalto e si impegna ad eliminare il lavoro minorile nel settore minerario entro il 2025. Questa nuova strategia viene considerata una risposta diretta al rapporto di Amnesty International pubblicato l’anno scorso, nel quale sono state rivelate le violazioni dei diritti umani celate dietro al commercio di cobalto. Senza un controllo appropriato la fame mondiale di tecnologia continuerà ad alimentare la domanda di cobalto e i bambini poveri in Congo continueranno a morire. Questa causa dà voce alle loro sofferenze e getta un barlume di speranza perché sia fatta finalmente giustizia.

Fonte: https://www.lifegate.it/miniere-di-cobalto-congo-causa


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LGBTIQ: le mentalità evolvono faticosamente in Svizzera

LGBTIQ: le mentalità evolvono faticosamente in Svizzera

Pioniera nel riconoscimento delle coppie omosessuali, la Svizzera oggi è in ritardo rispetto ad altri Paesi europei in fatto di diritti delle persone LGBTIQ (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, intersessuali e queer).

di Katy Romy

La più recente piccola vittoria per la comunità LGBTIQ risale al 9 febbraio 2020. Gli svizzeri hanno votato chiaramente a favore del perseguimento penale della discriminazione basata sull’orientamento sessuale, alla stessa stregua del razzismo.

Nonostante i continui progressi nell’accettazione dell’omosessualità nella società, l’omofobia rimane ancora un problema in Svizzera. Persone della comunità LGBTIQ sono tuttora vittime di discriminazioni, attacchi verbali e fisici basati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere.

“La particolarità dell’omofobia e della transfobia è che il sentimento di rigetto può nascere in seno alla famiglia stessa”, spiega Caroline Dayer, esperta di questioni di genere e di uguaglianza.

Negli ultimi anni sono state avviate azioni per combattere l’omofobia, in particolare nelle scuole. Si tratta spesso di iniziative private basate sul volontariato, come quella dell’associazione bernese ABQ.

La Svizzera un tempo era all’avanguardia in termini di diritti LGBTIQ. Ha depenalizzato l’omosessualità nel 1942, quando la repressione contro gli omosessuali era la normalità negli Stati vicini. Nel 2007, quando ha introdotto l’unione registrata, è diventato il primo Paese al mondo in cui il riconoscimento delle coppie omosessuali è stato concesso direttamente e in modo chiaro (il 58% dei votanti) dal popolo.

Dal gennaio 2018, gli omosessuali hanno il diritto di adottare il figlio del loro partner. Tuttavia, l’unione registrata non pone gli omosessuali e gli eterosessuali su un piano di parità. Questa unione civile non consente alle coppie dello stesso sesso di adottare figli o di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita (PMA).

La Svizzera ha compiuto un passo storico in giugno: la Camera del popolo (camera bassa) si è espressa in favore del matrimonio per tutti e dell’accesso alla donazione di sperma per le coppie lesbiche. Ma il cammino è ancora lungo, visto che la Camera dei Cantoni deve ancora pronunciarsi e che un voto popolare non è da escludere. La Svizzera potrebbe tuttavia recuperare il suo ritardo sui suoi vicini europei…

Fonte: https://www.swissinfo.ch/ita/lgbtiq–le-mentalità-evolvono-faticosamente-in-svizzera/45810706


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Diritti umani in Europa: Amnesty International non risparmia la Svizzera

Diritti umani in Europa: Amnesty International non risparmia la Svizzera

Nel Rapporto annuale rende omaggio a chi difende i propri diritti, ma si denunciano abusi e violazioni

di Fabio Caironi

LONDRA/LUGANO – Amnesty International ha pubblicato il proprio Rapporto annuale sui diritti umani in Europa per il 2019.

Da un lato l’organizzazione con sede a Londra rende omaggio alle persone che sono scese in strada per difendere i propri diritti e quelli degli altri. Allo stesso tempo, Amnesty International ha avvertito che le violazioni dei diritti umani continuano a verificarsi in tutta la regione, senza che i governi siano chiamati a risponderne.

Critiche alla Svizzera – Anche la Svizzera non viene risparmiata dalle critiche, in primis per quanto riguarda la nuova procedura di asilo accelerata. «Nessun sistema affidabile è stato messo in funzione per individuare a monte i richiedenti vulnerabili, come pure i loro bisogni in materia di procedura e di alloggio». I richiedenti asilo hanno faticato ad accedere a cure mediche specialistiche, mentre le persone che cercavano di venire loro in aiuto hanno incontrato limitazioni di accesso ai Centri federali. Il Regolamento di Dublino è stato applicato rigidamente dalle autorità elvetiche, prosegue Amnesty International: persone vulnerabili o con parenti residenti in Svizzera sono state regolarmente inviate verso il primo paese di entrata in Europa.

Ma non c’è solo questo. Un’indagine sulla diffusione delle molestie e delle violenze sessuali ha rivelato che il 22% delle donne di età superiore ai 16 anni hanno subito atti sessuali non desiderati nella loro vita. Amnesty International ha chiesto una riforma del diritto penale per fare in modo che lo stupro sia definito sulla base dell’assenza di reciproco consenso, conformemente alle norme internazionali in materia di diritti umani. Attualmente, la definizione dello stupro nella legislazione penale svizzera rimane basata sulla violenza, le minacce di violenza o altri mezzi di coercizione.

Infine, le leggi antiterrorismo che dovrebbero essere adottate nel corso dell’anno. «Permettendo alle autorità di limitare fortemente le libertà individuali sulla base non degli atti di una persona ma di ciò che potrebbe eventualmente commettere in futuro, la legislazione antiterrorismo proposta apre la porta a ogni genere di abusi. Queste misure, di cui alcune potrebbero essere applicate a bambini a partire dai 12 anni, non sono accompagnate da garanzie sufficienti, fatto che potrebbe sfociare in una messa in atto arbitraria e discriminatoria».

Fonte:https://www.tio.ch/svizzera/attualita/1431922/diritti-international-amnesty-svizzera-violazioni-europa


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I profughi siriani presi in ostaggio da Turchia, Grecia e Unione europea

I profughi siriani presi in ostaggio da Turchia, Grecia e Unione europea

di Ahmet Insel

Centinaia, forse migliaia, di profughi sono presi in ostaggio da Turchia, Grecia e Unione europea nella terra di nessuno alla frontiera turco-greca. Le forze dell’ordine greche, sostenute dal personale di Frontex e da alcuni abitanti del luogo, si sforzano di respingere questi richiedenti asilo verso l’altra sponda del fiume Evros, a colpi di gas lacrimogeni, bastonate e umiliazioni multiple, ricorrendo talvolta a spari con pallottole vere.

Ci sarebbero alcuni feriti gravi e uno o due morti tra i profughi, ma le informazioni sono difficilmente verificabili poiché le autorità rendono impossibile il lavoro dei giornalisti da entrambi i lati della frontiera. Dal lato turco vari giornalisti sono stati imprigionati per aver diffuso reportage e immagini relative a quest’ennesimo dramma umano alle porte dell’Europa.

La prima vittima collaterale di questo dramma umano è una delle più grandi conquiste del diritto umanitario internazionale. In seguito alla decisione della Grecia, con il sostegno dell’Unione europea, di sospendere l’accettazione di qualsiasi domanda d’asilo, la convenzione di Ginevra del 1951 è di fatto sepolta. Ormai qualsiasi paese, riferendosi a questa “legittimità internazionale” creatasi grazie alla benedizione garantita dall’Ue, potrà prendere una decisione simile e respingere lontano dalle sue frontiere i richiedenti asilo.

Fonte:https://www.internazionale.it/opinione/ahmet-insel/2020/03/10/profughi-siriani-ostaggio-turchia


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AMNESTY SALUTA IL “SÌ” ALLA PROTEZIONE DA ODIO E DISCRIMINAZIONE

Amnesty saluta il “sì” alla protezione da odio e discriminazione

Anche in Svizzera lesbiche, gay e bisessuali saranno finalmente protetti da odio e discriminazione. Con la maggioranza dei voti favorevoli, i votanti svizzeri hanno approvato l’estensione della norma penale antirazzismo per includere anche l’orientamento sessuale – secondo Amnesty un passo importante verso una protezione estesa dei diritti della comunità LGBTI*.

Negli ultimi anni la Svizzera ha perso posizioni nella classifica riguardo l’atteggiamento nei confronti della co- munità LGBTI*, collocandosi al 27esimo posto su 49 paesi europei. Questo anche perché la Svizzera rimaneva uno dei pochi paesi in Europa a non prevedere una legislazione specifica per la protezione dal hate speech nei confronti delle persone LGBTI*. La decisione presa oggi dall’elettorato svizzero modifica almeno in parte la situazione: le diffamazioni, gli appelli pubblici all’odio e alla discriminazione basati sull’orientamento sessuale saranno punibili, ma l’identità di genere purtroppo non è ancora coperta dalla norma penale estesa.

Amnesty si è impegnata nella campagna in favore del SI perché gli appelli pubblici all’odio e alla violenza, la denigrazione generalizzata e la discriminazione sono una violazione della dignità delle persone colpite e non un’espressione del diritto alla libertà di espressione. Le discussioni e le opinioni critiche, per esempio sulla questione del matrimonio omosessuale, non saranno influenzate dall’estensione dell’articolo penale – questo è stato perfettamente dimostrato dall’esperienza con la norma penale antirazzismo in vigore dal 1995.

Fonte: https://www.amnesty.ch/it/news/2020/svizzera-amnesty-saluta-il-201csi201d-alla-protezione-da-odio-e-discriminazione-omo-e-bi-sessuali


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Pena di morte, nel 2019 184 esecuzioni in Arabia Saudita e i primi due colpi alla nuca del 2020 in Bielorussia 1

Pena di morte, nel 2019 184 esecuzioni in Arabia Saudita e i primi due colpi alla nuca del 2020 in Bielorussia

ROMA – Attivisti per i diritti umani del Somaliland, Stato auto-proclamato indipendente dell’Africa orientale, che non ha alcun riconoscimento della comunità internazionale, formato dalle province settentrionali della Somalia, hanno confermato l’esecuzione dei sei detenuti nella prigione di Mandheera, situata nella capitale Hargeisa. Il funzionario del Somaliland Human Rights Center, Guleid Ahmed Jama, ha detto che i sei sono stati giustiziati il 15 gennaio mattina. Lo si apprende dal portale di “Nessuno Tocchi Caino”. Secondo l’attivista per i diritti umani, questa esecuzione è la prima per un caso relativo ad Al-Shabaab in Somaliland dal 2016.
Il Somaliland, ufficialmente la Repubblica del Somaliland, è considerato a livello internazionale come una regione autonoma della Somalia.

BIELORUSSIA

Un colpo alla nuca: emesse le prime 2 condanne del 2020. Il tribunale regionale di Mogilev il 10 gennaio 2020 ha condannato a morte due fratelli, di 19 e 21 anni, che sono stati giudicati colpevoli di aver commesso un omicidio in modo particolarmente violento, ha reso noto il Centro per i Diritti Umani Viasna. La Bielorussia è l’unico paese europeo che applica la pena di morte. Il metodo d’esecuzioni è il seguente: il condannato viene bendato, costretto a inginocchiarsi e ad aspettare circa 2 minuti prima che il boia lo finisca con un colpo alla nuca sparato con una pistola.

I due fratelli giustiziati. Sono stati giustiziati due fratelli, Ilya Kostin e Stanislav Kostin, in un’udienza fuori sede a Cherikov. Sono stati accusati di aver ucciso la loro insegnante, che era anche loro vicina, dando fuoco alla sua casa”, ha detto il Centro. Nell’aprile 2019, mentre spegnevano un incendio in una casa a Cherikov, gli addetti dei servizi di emergenza trovarono il corpo della sua proprietaria di 47 anni. Numerose ferite da taglio furono trovate sul cadavere. I presunti autori dell’omicidio furono identificati poco dopo; erano due fratelli con precedenti penali, di 19 e 21 anni, che avevano litigato con la donna il giorno prima.

ARABIA SAUDITA

184 giustiziati nel 2019. L’Arabia Saudita ha messo a morte 184 persone nel 2019, il numero più alto in un anno solare da sei anni, ha reso noto l’organizzazione per i diritti umani Reprieve, definendola una “tragica pietra miliare” per il Regno. Delle esecuzioni annunciate dall’agenzia di stampa saudita l’anno scorso, 88 sono state di cittadini sauditi, 90 di cittadini stranieri mentre sei persone erano di nazionalità sconosciuta, secondo quanto dichiarato da Reprieve il 13 gennaio 2020. Il gruppo per i diritti ha riferito che 37 persone sono state messe a morte dal governo saudita in un solo giorno il 23 aprile, inclusi tre prigionieri che erano minorenni quando hanno commesso i loro presunti reati. “Questa è un’altra tragica pietra miliare per l’Arabia Saudita di Mohammed bin Salman – ha detto la direttrice del gruppo per i diritti, Maya Foa – i sovrani del Regno credono chiaramente di avere totale impunità nel violare il diritto internazionale quando pare a loro”. La dichiarazione di Reprieve ha sottolineato che il principe ereditario saudita aveva dichiarato, in un’intervista televisiva nel 2018: “Abbiamo cercato di ridurre al minimo la pena di morte. Ci vorrà un anno, forse un po’ di più, per porre fine. Non ci riusciremo al 100%, ma la ridurremo notevolmente”.

Fonte: https://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-umani/2020/01/18/news/pena_di_morte-246076739/

Per approfondimenti visita il portale: “Nessuno Tocchi Caino