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Parità fra i sessi c'è ancora molto da fare 1

Parità fra i sessi c’è ancora molto da fare

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A prima vista sembra una cosa semplice: «Uomo e donna hanno uguali diritti.» Questo principio è iscritto dal 1981 nella Costituzione federale e dal 1996 è articolato nella legge sulla parità dei sessi (LPar). Alcuni servizi fanno opera di sensibilizzazione in merito a questa problematica. Finora sono circa mille le persone che hanno deciso di lottare contro una discriminazione che li ha colpiti. Ciononostante sussistono ancora differenze inspiegabili in ambito salariale e per quanto concerne il perfezionamento e la carriera professionale. Come si spiegano? E come fare a eliminarle?

SITUAZIONE AMBIVALENTE

Nel maggio 2018 l’ONU ha assegnato il «Public Service Award» all’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo (UFU), premiando quindi l’impegno della Svizzera a favore della parità salariale. Tutto bene? No, poiché proprio nel 2018 il Parlamento ha emanato disposizioni che obbligano determinate imprese a effettuare analisi sulla parità salariale, dato che le attività svolte su base volontaria non hanno manifestamente consentito di raggiungere gli obiettivi prefissati.

Questi due eventi contrastanti riflettono l’ambivalenza che persiste in questo campo anche a 23 anni dall’introduzione della LPar.

SPERANZE ESAUDITE?

Anche con i 18 nuovi articoli di legge, la lotta contro le singole discriminazioni è tutt’altro che una semplice passeggiata. Nell’economia privata chi si ribella viene facilmente messo alla porta. Nel 2006 il Consiglio federale presenta un primo rapporto sull’efficacia della LPar in cui afferma che, in linea di principio, la legge si è dimostrata valida e che nelle professioni tipicamente femminili le azioni di gruppo hanno modificato la struttura salariale dei Cantoni.

Esprimono invece delusione– per non dire amarezza – le conclusioni della comunità di lavoro che ha esaminato la problematica: nel settore privato la differenza salariale media non ha subito praticamente alcuna modifica e la paura di essere licenziate ha indotto molte donne a rinunciare a intentare un’azione. Anche chi si impegna nella lotta contro le molestie sessuali sul posto di lavoro deve di regola fare i conti con la perdita del posto di lavoro.

STEREOTIPI DI GENERE PROFONDAMENTE ANCORATI

Nel 2016 un secondo bilancio degli specialisti rileva nuovamente aspetti problematici. Le lacune del processo di applicazione sarebbero dovute in primo luogo al fatto che le donne discriminate devono esporsi personalmente affrontando un processo che può anche diventare costoso e nel corso del quale i tribunali di prima istanza tendono a riconoscere come legittimi troppi argomenti addotti per giustificare le differenze salariali. In secondo luogo la discriminazione viene praticata in modo indiretto e inconsapevole in linea con i tradizionali ruoli di genere di cui è intessuta la nostra cultura.

Il Consiglio federale giunge alla conclusione che in questo ambito occorre modificare le condizioni quadro. Per le organizzazioni dei lavoratori ciò significa garantire la trasparenza salariale. Il Consiglio federale chiama quindi in causa le imprese.

ANALISI SALARIALI AL POSTO DI INTERVENTI SU BASE VOLONTARIA

Il Consiglio federale propone di conseguenza che le imprese con oltre 50 collaboratori siano tenute a riesaminare i loro salari a ritmo quadriennale. Al Consiglio nazionale la modifica di legge proposta è controversa. Al momento del voto il Parlamento approva le misure proposte ma innalza la soglia d’applicazione alle sole imprese con oltre 100 lavoratori. Le analisi concernenti la parità salariale dovranno quindi essere effettuate solo dall’1 per cento delle imprese che però impiega il 46 per cento dei lavoratori. Anche se per le imprese in cui emergeranno lacune non sono previste sanzioni, la consigliera federale Sommaruga si dice convinta che «la trasparenza richiesta dalla legge avrà comunque effetto».

Al Consiglio nazionale il dibattito ha evidenziato ripetute oscillazioni fra posizioni scettiche e posizioni ottimiste, come spesso succede nelle discussioni su questo tema. Già nel 2015 la presidente dell’autorità di conciliazione del Cantone di Zurigo Susy Stauber-Moser affermava: «sono fiduciosa che le disparità salariali fra uomini e donne si ridurranno». Ma poco dopo aggiungeva: «avremo ancora bisogno della LPar per lungo tempo».

Fonte: https://www.parlament.ch/it/über-das-parlament/donne-politiche/parità-fra-i-sessi-ancora-molto-da-fare


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SINTESI DEI DIRITTI FEMMINILI IN SVIZZERA

SINTESI DEI DIRITTI FEMMINILI IN SVIZZERA

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L’introduzione del diritto di voto e di elezione alle donne rientra fra i i cambiamenti più importanti intervenuti nel sistema politico della Svizzera dalla fondazione dello Stato federale nel 1848. Il 7 febbraio 1971, il 65,7 per cento degli uomini svizzeri ha votato a favore del diritto di voto e di elezione delle donne. Sino a quel giorno la metà della popolazione svizzera non poteva né eleggere né essere eletta, e nemmeno votare o firmare un referendum. Per oltre un secolo le donne hanno lottato per i loro diritti e sono stati necessari numerosi interventi parlamentari e diverse votazioni popolari per realizzare questo obiettivo.

Nell’autunno del 1971 le Svizzere e gli Svizzeri hanno eletto dieci consiglieri nazionali e una consigliera agli Stati. Già dopo alcuni giorni un’undicesima consigliera nazionale era subentrata a un deputato, che era stato eletto nel Consiglio degli Stati. Da allora la quota delle donne nel Consiglio nazionale è aumentata costantemente: 12 seggi nel 1971, 95 nel 2019.

Fonte: https://www.parlament.ch/it/über-das-parlament/donne-politiche/sintesi-dei-diritti-femminili-in-svizzera

Per approfondimenti:

https://www.parlament.ch/it/über-das-parlament/donne-politiche/quota-donne-potere-politico/quote-di-donne-sotto-la-cupola