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12 Agosto 2021 | Giornata internazionale della gioventù

12 Agosto 2021 | Giornata internazionale della gioventù

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Di Letizia Pinoja

Ogni anno il 12 agosto si celebrano i giovani di tutto il mondo. Lo scopo è quello d’incitare una migliore presa di coscienza e implementazione dei loro diritti fondamentali.[1]

Quest’anno il focus si è posato sul sistema alimentare mondiale, e su come, senza la partecipazione attiva dei giovani, la sua trasformazione verso un mondo più equo e sostenibile non sarà fattibile.[2] Come dichiarato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, i giovani sono la nostra unica risorsa per migliorare l’avvenire dell’umanità e, per questo motivo, vanno ascoltati e inclusi nei processi decisionali.[3]

Ma è proprio a livello di sicurezza alimentare che i giovani costituiscono la categoria più vulnerabile. Fra gli obiettivi sostenibili dell’Agenda 2030 vi è quello di porre fine alla fame nel mondo.[4] Tuttavia, negli ultimi anni l’insicurezza alimentare ha ricominciato a crescere. Nel 2020, 149 milioni di bambini di età inferiore ai 5 anni erano sottosviluppati, 45 milioni troppo magri per la loro altezza, mentre che 39 milioni di bambini erano in sovrappeso. Più in generale, 3 miliardi di persone nel mondo, bambini compresi, non hanno potuto nutrirsi in modo sano.[5]

Fra le cause di questa crescente insicurezza alimentare vi sono gli effetti del cambiamento climatico. Eventi atmosferici anomali come inondazioni e incendi distruggono i raccolti e compromettono la fertilità dei terreni. L’aumento delle temperature favorisce l’emergenza di malattie e parassiti negli allevamenti e nei raccolti.[6]

Nelle ultime settimane la Svizzera, come il resto dell’Europa, è stata teatro di eventi climatici estremi quali forti piogge, grandine e inondazioni. I danni sono ingenti ma un paese ricco come la Svizzera riuscirà a far loro fronte.[7] La situazione è però diversa per i paesi più poveri del mondo: la condizione economica già fortemente precaria è messa a dura prova dalle catastrofi ambientali che attanagliano le loro terre, le quali, a loro volta, incrinano la sempre più incerta sicurezza alimentare della popolazione. Per di più, i paesi con un rischio di carestia e/o malnutrizione più elevato sono coloro che generano il minor tasso di anidride carbonica.[8]

Ed è quindi questo uno dei messaggi della giornata internazionale della gioventù di quest’anno: la gioventù mondiale deve unirsi e lottare insieme per un futuro più prospero ed equo. Per poterlo fare, deve venir data la parola ai giovani, devono essere interpellati e inclusi nei processi decisionali. Il movimento globale lanciato con lo sciopero per il clima ne è la dimostrazione:[9] la gioventù mondiale non starà in silenzio di fronte alla distruzione del loro futuro. E i governi non possono che ammirarla e ascoltarla.


Photo credits: © LaRegione https://www.laregione.ch/cantone/ticino/1369836/il-prossimo-sciopero-per-il-clima-sara-contro-l-inquinamento-bancario

[1] https://www.un.org/development/desa/youth/world-programme-of-action-for-youth.html

[2] https://www.un.org/development/desa/youth/iyd2021.html

[3] https://www.un.org/development/desa/youth/wp-content/uploads/sites/21/2021/08/YouthDay.French.pdf

[4] https://www.eda.admin.ch/agenda2030/it/home.html

[5] https://www.unicef.ch/it/lunicef/attualita/comunicati-stampa/2021-07-12/welthunger-steigt-wegen-pandemiejahr-drastisch-copy

[6] https://theecologist.org/2020/aug/21/climate-change-and-global-hunger

[7] https://www.laregione.ch/cantone/ticino/1527523/grandine-danni-genini-perdite-agricoltura-piogge-franchi-sem-maltempo

[8] https://www.weforum.org/agenda/2019/08/climate-change-is-causing-hunger-in-some-of-the-worlds-poorest-countries-and-those-most-at-risk-are-the-least-to-blame/

[9] https://climatestrike.ch/fr/movement


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La timida lotta del governo svizzero per l’eliminazione del lavoro minorile

La timida lotta del governo svizzero per l’eliminazione del lavoro minorile

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di Letizia Pinoja

Il 29 novembre 2020 i Cantoni svizzeri respinsero l’iniziativa popolare per delle multinazionali responsabili. La Svizzera si è opposta all’obbligazione per le aziende di rispettare i diritti umani in tutta la catena di fornitura. Tuttavia, visto il supporto popolare per l’iniziativa (al voto popolare passò al 50,7%), il Consiglio Federale si è impegnato a proporre un controprogetto indiretto. Come esposto dal professore Nicolas Bueno in un articolo sul La Regione[1] della settimana scorsa, il controprogetto consiste nel richiedere alle imprese svizzere, più grandi di 250 dipendenti e con un fatturato maggiore di 40 milioni, di redigere dei rapporti annui su come l’azienda rispetta i diritti umani. Ciononostante, sempre secondo il professor Bueno e varie ONG attive per i diritti umani, questo controprogetto parte con delle basi estremamente fragili e la sua credibilità è minata dalle varie deroghe concesse alle grandi aziende svizzere.

Una delle tematiche più calde in questo senso è il lavoro minorile. La Svizzera si è allineata alla comunità internazionale unendosi all’Alleanza 8.7, un insieme di Stati e attori della società civile, che si impegnano a eliminare la tratta di esseri umani, la schiavitù moderna, il lavoro forzato e il lavoro minorile.[2] L’Alleanza chiede ai membri di «adottare misure immediate ed efficaci per eliminare il lavoro forzato, porre fine alla schiavitù moderna e alla tratta di esseri umani, garantire la proibizione e […] porre fine al lavoro minorile in tutte le sue forme».[3] Questa richiesta stona, però, con l’attuale controprogetto proposto dal Parlamento e sostenuto dal Consiglio Federale. Esso prevede l’obbligo di dovuta diligenza per le aziende che operano in paesi dove il lavoro minorile è una realtà. Eppure, quest’obbligo non prevede dei veri e propri meccanismi di controllo. In fin dei conti, le autorità svizzere si fidano della buona condotta di multinazionali che non hanno un passato immacolato per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani.

Un’altra situazione che fa storcere il naso degli attivisti per il rispetto dei diritti umani è la scelta, del governo svizzero, di non far rientrare il cobalto nella categoria di minerali provenienti da “aree di conflitto e ad alto rischio” o dove “può essere coinvolto il lavoro minorile”.[4] La Repubblica Democratica del Congo (RDC) è il paese con le più grandi riserve di cobalto al mondo.[5] Oltre ai minerali e le pietre preziose, la Repubblica Democratica del Congo è famosa per le guerre uterine che distruggono il paese da decenni. Situazioni di tratta di esseri umani, schiavitù moderna e sfruttamento sessuale non sono rare nella RDC. I più colpiti da questa violenza sono i bambini: vengono arruolati, sotto minaccia o somministrazione di droghe, nei gruppi armati delle varie fazioni ribelli, sfruttati sessualmente e venduti come merce di scambio. Infine, essi vengono obbligati a lavorare fin dalla tenera età nell’industria dell’estrazione di minerali e pietre preziose.[6]

Il 2021 è stato dichiarato l’anno internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile.[7] La Svizzera si è fin da subito allineata alla comunità internazionale. Questo supporto pare, però, semplicemente simbolico: le posizioni prese ultimamente da governo e parlamento svizzeri cozzano con l’impegno dichiarato nella lotta al lavoro minorile. Per porre fine allo sfruttamento dei bambini non bastano le belle parole; il nostro paese deve impegnarsi ad adottare misure legislative contro le violazioni dei diritti umani delle multinazionali svizzere, anche se queste ultime possono risultar loro scomode e indurle a “scappare” dal suolo elvetico.


[1] https://www.laregione.ch/svizzera/svizzera/1525936/obbligo-diligenza-lavoro-progetto-imprese-federale-consiglio-svizzera-ordinanza-paesi

[2] https://www.seco.admin.ch/seco/it/home/Arbeit/Internationale_Arbeitsfragen/menschenhandel.html

[3] https://www.ilo.org/rome/risorse-informative/comunicati-stampa/WCMS_768733/lang–it/index.htm

[4] https://www.swissinfo.ch/ita/economia/commercio-responsabile-di-cobalto_la-legge-svizzera-sul-commercio-responsabile-deve-includere-il-cobalto/46724936

[5] https://www.statista.com/statistics/264930/global-cobalt-reserves/

[6] https://www.dol.gov/agencies/ilab/resources/reports/child-labor/congo-democratic-republic-drc ; https://www.unicef.org/drcongo/en/press-releases/thousands-children-continue-be-used-child-soldiers

[7] https://endchildlabour2021.org/

Photo Credits © NOELLA NYIRABIHOGO, GJP DRC


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Lavoro minorile, nel mondo 152 milioni di bambini vittime dello sfruttamento

Lavoro minorile, nel mondo 152 milioni di bambini vittime dello sfruttamento

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Save The Children li defininisce “Piccoli schiavi invisibili”. Nel mondo ci sono ancora oggi 152 milioni i bambini vittime di lavoro minorile. Metà di essi, 73 milioni, sono costretti in attività di lavoro pericolose che mettono a rischio la salute, la sicurezza e il loro sviluppo morale. Sono vittime di sfruttamento sessuale, lavorativo o accattonaggio forzato. 

In tutto il mondo la crisi innescata dal Covid-19 ha peggiorato la situazione del lavoro minorile. Per questo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, in collaborazione con il partenariato mondiale dell’Alleanza 8.7, ha lanciato il 2021 Anno internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile. L’obiettivo di questa iniziativa è quello di incoraggiare azioni legislative e politiche finalizzate a prevenire e contrastare il minorile nel mondo. La risoluzione che proclama il 2021 come Anno internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile è stata adottata all’unanimità dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2019 per sollecitare i governi ad adottare le misure necessarie per promuovere il lavoro dignitoso e raggiungere l’Obiettivo 8.7 previsto dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile. Tale obiettivo chiede agli Stati membri di adottare misure immediate ed efficaci per eliminare il lavoro forzato, porre fine alla schiavitù moderna e alla tratta di esseri umani, garantire la proibizione e l’eliminazione delle forme peggiori di lavoro minorile (compreso il reclutamento e l’uso di bambini-soldato) e di porre fine al lavoro minorile in tutte le sue forme entro il 2025.

Fonte: https://www.repubblica.it/economia/2021/03/01/news/lavoro_minorile_nel_mondo_152_milioni_di_bambini_vittime_dello_sfruttamento-289742007/#:~:text=Nel%20mondo%20ci%20sono%20ancora,sessuale%2C%20lavorativo%20o%20accattonaggio%20forzato


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Il 2021 è stato dichiarato l'Anno internazionale per l'eliminazione del lavoro minorile

Il 2021 è stato dichiarato l’Anno internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile

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Che cos’è il lavoro minorile: Il lavoro minorile è definito dalle norme internazionali del lavoro come l’attività lavorativa che priva i bambini e le bambine della loro infanzia, della loro dignità e influisce negativamente sul loro sviluppo psico-fisico.
Il lavoro minorile comprende varie forme di sfruttamento e abuso spesso causate da condizioni di povertà, dalla mancata possibilità di istruzione, da situazioni economiche e politiche in cui i diritti dei bambini e delle bambine non vengono rispettati. Esso nega ai bambini il diritto di andare a scuola, la possibilità di giocare e di godere dei loro affetti.

Quali sono le cause del lavoro minorile?

Spesso i bambini sono costretti a lavorare perché la loro sopravvivenza e quella delle loro famiglie dipende dal loro lavoro, perché i loro genitori non hanno accesso a un lavoro dignitoso, i sistemi d’istruzione e protezione sociale sono deboli e perché gli adulti approfittano della loro vulnerabilità. Il lavoro minorile molto spesso è il risultato di convinzioni e tradizioni radicate nelle società come, ad esempio la convinzione che il lavoro sia un bene peri bambini perché li aiuta a crescere e a sviluppare le loro abilità, o la tradizione secondo la quale i bambini debbano seguire le orme dei loro genitori e imparare il loro mestiere in tenera età, e l’esistenza di tradizioni che spingono le famiglie povere a contrarre debiti che vengono riscattati attraverso il lavoro minorile.

Secondo le stime dell’OIL tra il 2000 e il 2016 c’è stata una diminuzione del 38% del lavoro minorile a livello globale. Inoltre quasi 100 milioni di bambini sono stati affrancati dal lavoro minorile negli ultimi 20 anni. Tuttavia la diffusione della pandemia di COVID-19 minaccia di invertire i progressi raggiunti. Per molti bambini e le loro famiglie, la pandemia ha causato l’interruzione dei percorsi di educazione, istruzione e formazione, ha portato a malattie familiari e alla perdita del reddito familiare.

Anno Internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile

L’iniziativa: L’OIL ha lanciato l’Anno Internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile.

La risoluzione che proclama il 2021 come Anno internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile è stata adottata all’unanimità dell’Assemblea Generale dell’ONU nel 2019 per sollecitare i governi ad adottare le misure necessarie per promuovere il lavoro dignitoso e raggiungere l’Obiettivo 8.7 previsto dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile.

Gli obiettivi principali della risoluzione sono porre fine al lavoro minorile entro il 2025, porre fine al lavoro forzato, al traffico di esseri umani e alla schiavitù moderna entro il 2030, accelerare il progresso per raggiungere questo obiettivo.

Con l’Obiettivo 8.7 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, tutti i Paesi si sono impegnati ad adottare misure immediate per eliminare le peggiori forme di lavoro minorile entro il 2025. L’ILO ha lanciato insieme ai suoi partner l’ “Alleanza 8.7 ”, un’alleanza mondiale per porre fine al lavoro minorile, al lavoro forzato, alla schiavitù moderna e alla tratta degli esseri umani.

Fonte: Organizzazione Internazionale del Lavoro- Anno Internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile

https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/—europe/—ro-geneva/—ilo-rome/documents/publication/wcms_768873.pdf


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L'inclusione nell'educazione è prima di tutto un processo 1

L’inclusione nell’educazione è prima di tutto un processo

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L’istruzione inclusiva è per tutti.

L’istruzione inclusiva è comunemente associata ai bisogni delle persone con disabilità e alla relazione tra l’istruzione speciale e quella tradizionale. Dal 1990, la lotta delle persone con disabilità ha condotto a una nuova prospettiva globale sull’inclusione nell’istruzione, portando al riconoscimento del diritto all’istruzione inclusiva nell’articolo 24 della Convenzione ONU del 2006 sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD). Tuttavia, come ha riconosciuto il Commento Generale n. 4 sull’articolo nel 2016, l’inclusione deve avere una portata più ampia. Gli stessi meccanismi escludono non solo le persone con disabilità, ma anche altre a causa di genere, età, povertà, etnia, lingua, religione, stato di migrazione o spostamento, orientamento sessuale o espressione di identità di genere, incarcerazione, credenze e atteggiamenti. Sono il sistema e il contesto che non tengono conto della diversità e della molteplicità dei bisogni, come la pandemia Covid-19 ha messo a nudo. Sono la società e la cultura che determinano le regole, definiscono la normalità e percepiscono la differenza come devianza. Il concetto di barriere alla partecipazione e all’apprendimento dovrebbe sostituire quello di bisogni speciali.

L’inclusione è un processo.

L’educazione inclusiva è un processo che contribuisce al raggiungimento dell’obiettivo dell’inclusione sociale. Definire un’educazione equa richiede una distinzione tra “uguaglianza” e “equità”. L’uguaglianza è uno stato di cose (cosa): un risultato. L’equità è un processo (come): azioni volte a garantire l’uguaglianza. Definire l’educazione inclusiva è più complicato perché processo e risultato sono confusi. E’ necessario pensare all’inclusione come ad un processo: azioni che abbracciano la diversità e costruiscono un senso di appartenenza, radicato nella convinzione che ogni persona ha valore e potenziale, e dovrebbe essere rispettata, indipendentemente dal suo background, capacità o identità. Allo stesso modo l’inclusione può anche essere uno stato di cose, un risultato, che il CRPD e il Commento Generale n. 4 non hanno definito con precisione, probabilmente a causa delle diverse opinioni su quale dovrebbe essere il risultato.

Fonte: Global Education Monitoring Report summary, 2020: Inclusion and education: all means all

https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000373721/PDF/373721eng.pdf.multi


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Nella scuola l'inclusione come un faro

Nella scuola l’inclusione come un faro

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«La differenza, se c’è, è piuttosto un problema nostro, di adulti. Lo sguardo dei ragazzi è uno sguardo che non etichetta». Non potrebbe essere più chiaro, Paolo Iaquinta, per illustrare la sua visione di diversità, di integrazione ed inclusione nel contesto scolastico. A Minusio, sede di Scuola media di cui è direttore, è partito quest ’anno in una classe di prima un progetto inclusivo che favorisce una riflessione a tutto campo sul tema e sulla sua evoluzione nella scuola ticinese.

Questione di attitudine
«Inclusione – dice Iaquinta – non è soltanto strutture, quindi dare un 120%, con un buon docente di pedagogia speciale e un valido appoggio con un secondo docente; non è soltanto avere delle tecniche di differenziazione pedagogica. È, in primo luogo, un’attitudine dell’insegnante, una visione del mondo. Quello stesso mondo fatto di tante persone diverse che convivono in una società unica. Ogni singola classe è una piccola società, che allo stesso modo deve e può accogliere persone diverse fra loro».

Sviluppo di competenze: nessun pregiudizio

Paolo Iaquinta ricorda uno studio del Centro innovazione e ricerca sui sistemi educativi (Cirse) della Supsi, secondo cui «per un allievo di scuola ordinaria il fatto di essere inserito in una classe inclusiva non pregiudica assolutamente lo sviluppo di competenze. Questo ci ha fatto
molta forza, anche per andare a parlare con i genitori, i quali iscrivono i loro figli ad una Scuola media, non ad una Scuola media inclusiva».

Mengoni: ‘Disabilità, cambiato il paradigma’

Secondo il capo della Sezione della pedagogia speciale Mattia Mengoni, «in tema di disabilità, da tempo è cambiato il paradigma: la disabilità non appartiene più alla persona, ma si esprime attraverso il contesto che essa frequenta. Quindi quanto più è accogliente un ambiente, tanto meno emergono determinate caratteristiche intese come difficoltà e tanto più favoriamo lo svolgimento di un’attività». È quindi fondamentale, per Mengoni, «chiedersi cosa può fare il contesto per rendersi più accessibile.
E questo vale anche per la scuola. Non è più sufficiente una dimensione integrativa ancorata già alla vecchia Legge del ’75, ma si punta su diverse forme di sostegno.

‘Per fare passi avanti bisogna crederci’

Un’altra questione è centrale: quella legata al territorio di appartenenza. A molte classi inclusive appartengono ragazzi slegati da quella specifica realtà. «Idealmente, se si parla di inclusione, bisognerebbe partire dal presupposto che l’inclusione si fa nel proprio Comune di domicilio, o almeno nel proprio comprensorio – ammette Mengoni –. Il fatto è che il numero di allievi e la disponibilità delle sedi, per questioni di numeri e di sensibilità storica, non permette ancora di creare dei gruppi con un’attinenza territoriale.

Più si sarà in grado di organizzare un sistema scolastico che risponde al proprio interno aquesti bisogni, «tanto più riusciremo a garantire che ogni Scuola media risponda alle esigenze degli allievi del proprio comprensorio.

Importantissimo, infine, è «pensare all’inclusione come a una misura didattica valutabile e implementabile, e non unicamente come una questione ideologica».

Fonte:

https://www4.ti.ch/fileadmin/DECS/DS/SPS/documenti/Nella_scuola_l_inclusione_come_un_faro_La_Regione_17.11.2020.pdf


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L'educazione inclusiva

L’educazione inclusiva

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1. Che cos’è l’educazione inclusiva?

Un sistema educativo “inclusivo” può essere creato solo se le scuole tradizionali diventano più inclusive – in altre parole, se diventano migliori nell’educare tutti i bambini delle loro comunità. Le scuole ordinarie con un orientamento inclusivo sono il mezzo più efficace per combattere gli atteggiamenti discriminatori, creare comunità accoglienti, costruire una società inclusiva e raggiungere l’istruzione per tutti. L’istruzione per tutti deve tenere conto dei bisogni degli svantaggiati, dei bambini che lavorano, degli abitanti delle zone rurali remote e dei migranti, delle minoranze etniche e linguistiche, dei bambini, dei giovani e degli adulti colpiti da conflitti, HIV e AIDS, fame e cattiva salute, e di quelli con disabilità o bisogni speciali di apprendimento.

L’inclusione è quindi vista come un processo per affrontare e rispondere alla diversità dei bisogni di tutti i bambini, i giovani e gli adulti attraverso una maggiore partecipazione all’apprendimento e alle comunità, e riducendo ed eliminando l’esclusione all’interno e dall’educazione.  Si basa sulla convinzione che è responsabilità del sistema educare tutti i bambini.

2. Perché il mondo ha bisogno di un’educazione inclusiva?

Un’attenta pianificazione di un’educazione inclusiva può portare a miglioramenti nel rendimento accademico, nello sviluppo sociale ed emotivo, nell’autostima e nell’accettazione dei pari. L’inclusione di studenti diversi in classi e scuole tradizionali può prevenire la stigmatizzazione, gli stereotipi, la discriminazione e l’alienazione. Pensare all’educazione degli studenti con disabilità o bisogni speciali dovrebbe essere uguale a pensare a ciò di cui tutti gli studenti possono avere bisogno. Tutti gli studenti hanno bisogno di metodi di insegnamento e di meccanismi di supporto che li aiutino ad avere successo e ad essere parte di qualcosa.

3. Perché non scegliere scuole “speciali” o segregate invece?

Perché le scuole segregate raramente preparano le ragazze e ragazzi all’interno di esse alla realtà del mondo esterno. L’educazione inclusiva può avere un’influenza positiva su tutti i bambini. Inoltre, l’eliminazione delle strutture parallele e l’utilizzo più efficace delle risorse in un unico sistema globale possono portare ad un risparmio di energia.  

4. Ma l’educazione inclusiva non è molto costosa?

Garantire che le classi e le scuole siano adeguatamente dotate di risorse e sostegno comporta costi per adattare i curricula, formare gli insegnanti, sviluppare materiali appropriati e pertinenti per l’insegnamento e l’apprendimento e rendere l’istruzione accessibile. Poiché pochi sistemi si avvicinano all’ideale, stime affidabili del costo totale sono scarse. L’analisi economica costi-benefici è quindi difficile, anche perché i benefici sono difficili da quantificare e da spalmare sulle generazioni.

Una logica economica dell’educazione inclusiva, pur essendo preziosa per la pianificazione, non è sufficiente. È stato sostenuto che discutere i benefici dell’educazione inclusiva equivale a discutere i benefici dell’abolizione della schiavitù (Bilken, 1985) o dell’apartheid (Lipsky e Gartner, 1997). L’inclusione è un imperativo morale e una condizione per raggiungere tutti gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile , in particolare  società sostenibili, eque e inclusive. È un’espressione di giustizia, non di carità, qualunque siano le differenze, biologiche o meno, e qualunque sia la loro descrizione.

Inoltre vi sono molti esempi in cui l’educazione inclusiva è risultata meno costosa dell’educazione “speciale” o “segregata”. In Pakistan, per esempio, l’UNESCO ha scoperto che le scuole speciali sono state 15 volte più costose per gli alunni rispetto alle scuole tradizionali che includono i bambini con disabilità. Altri esempi da Bangladesh, Cambogia, India, Nepal e Filippine suggeriscono che il rendimento dell’investimento nell’istruzione per le persone con disabilità sia da due a tre volte superiore a quello di chi non ha disabilità.

5. Perché più scuole non praticano l’educazione inclusiva?

Tra i motivi più comuni ci sono: percezioni negative del potenziale di apprendimento dei bambini disabili e delle altre categorie escluse, insegnanti poco preparati, mancanza di risorse- compresi i libri di testo in Braille- e la mancanza di capacità del governo.

6. Come posso aiutare?

Ci sono molti modi in cui le persone e le organizzazioni possono aiutare. I grandi donatori e altre ONG possono aiutare aumentando i loro aiuti per l’istruzione e rendere la risposta alla diversità una condizione necessaria per tutti i finanziamenti e progetti futuri. Ma anche i singoli possono aiutare!

Si può diffondere il messaggio che l’educazione inclusiva funziona e che milioni di bambini con disabilità ed esclusi, che attualmente non vanno a scuola, meritano un’educazione di qualità che aiuti loro e le loro società, a raggiungere il pieno potenziale.

Fonti:

Global Education Monitoring Report- Unesco:

https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000374817/PDF/374817spa.pdf.multi

Light for the world:

https://www.light-for-the-world.org/sites/lfdw_org/files/download_files/inclusive_education_qa_final_acc.pdf


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Denunciati i giganti della tecnologia per sfruttamento minorile nelle miniere di cobalto in Congo

Denunciati i giganti della tecnologia per sfruttamento minorile nelle miniere di cobalto in Congo

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Apple, Dell, Microsoft e Tesla sono alcune aziende citate in causa per la morte di bambini nelle miniere di cobalto della Repubblica Democratica del Congo.

La ong per i diritti umani International rights advocates rappresenta quattordici famiglie congolesi in una causa storica alla corte distrettuale di Washington, negli Stati Uniti, contro le aziende di tecnologia più importanti del mondo. Le famiglie rappresentate sostengono che i loro bambini siano stati uccisi o menomati mentre lavoravano in miniera per estrarre una sostanza chimica molto costosa chiamata cobalto, utilizzata per alimentare smartphone, computer e batterie di auto elettriche. Sono state chiamate in causa aziende del calibro di Apple, Aphabet (l’azienda madre di Google), Dell, Microsoft e Tesla.

Lavoro minorile e morti di bambini nella causa contro i giganti tech

Nella causa la ong International rights advocates sostiene che “il processo di produzione sia volontariamente nascosto per permettere ai partecipanti di trarre beneficio economico dall’uso di cobalto estratto in condizioni estremamente pericolose da bambini disperati, obbligati a fare lavori molto pericolosi senza attrezzatura di sicurezza di alcun tipo”.

Una querelante (anonima) identificata come Jane Doe 1 afferma di essere la custode legale di suo nipote, James Doe 1, che ha iniziato a lavorare a quindici anni come “mulo umano”, trasportando sulla schiena sacchi da più di trenta chili di roccia contenente cobalto per 70-95 centesimi di dollari al giorno. James Doe 1 è morto mentre stava lavorando nel tunnel di una miniera. Mentre altri bambini avevano iniziato a correre perché spaventati da alcuni soldati che stavano entrando, James Doe 1 aveva iniziato a gattonare per cercare di uscire, ma il tunnel è collassato uccidendolo sul colpo.

Un altro bambino, identificato come John Doe 1, dice di avere iniziato al lavorare in miniera quando aveva nove anni. Nella causa si sostiene che nel 2019 lavorasse come  mulo umano per la Kamoto Copper Company, trasportando sacchi di pietre contenenti cobalto per 75 centesimi al giorno quando è caduto in un tunnel. John Doe 1 sostiene che dopo essere stato trascinato fuori da altri lavoratori, è stato lasciato da solo sul suolo dell’area di estrazione finché i suoi genitori non hanno saputo dell’incidente e sono venuti ad aiutarlo. John Doe 1 ora è paralizzato dal petto in giù e non camminerà mai più. Un altro querelante sostiene di aver lavorato in miniere di proprietà della Zhejiang Huayou Cobalt, una importante impresa cinese, che, sempre secondo il testo della causa, rifornisce AppleDell e Microsoft e altre compagnie menzionate nella causa.

Eliminare il lavoro minorile nelle miniere

Il governo della Rdc afferma di star cercando di fermare la presenza di bambini nelle miniere artigianali di cobalto e si impegna ad eliminare il lavoro minorile nel settore minerario entro il 2025. Questa nuova strategia viene considerata una risposta diretta al rapporto di Amnesty International pubblicato l’anno scorso, nel quale sono state rivelate le violazioni dei diritti umani celate dietro al commercio di cobalto. Senza un controllo appropriato la fame mondiale di tecnologia continuerà ad alimentare la domanda di cobalto e i bambini poveri in Congo continueranno a morire. Questa causa dà voce alle loro sofferenze e getta un barlume di speranza perché sia fatta finalmente giustizia.

Fonte: https://www.lifegate.it/miniere-di-cobalto-congo-causa


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